| - Scusarmi veramente?- Elias si avvinghiò al corpo del fotografo. Soppesò per pochi attimi le parole.- Ma tu dovrai perdonarmi veramente!- Eric lo guardava, toccava appena i capelli lisci, non lunghi, color sole. Perdonarlo... - Vediamo… portarti a un mio concerto? Troppo semplice. Un giro di birra gratis? Banale! Oh, ah sì, mi è venuta un’idea! L’offerta di portarmi a vedere il tuo letto è ancora valida?- Il cantante parlava, scandiva le lettere eccessivamente, allungava le desinenze alla follia e tutte le vocali le pronunciava aperte, Eric si stava sciogliendo. Il biondo, stringendosi ancor più al ragazzo gli tracciava il contorno della masciella e del mento con la lingua, e gli faceva scorrere una mano sulla schiena. Un bacio. - Questa è la tua ultima possibilità di fermarmi. Decidi tu.- Ma poi la scelta non era tanta, andarsene, tornare dopo pochi secondi e poi esserre canzonati o restare. - Non qui. Per rispetto verso i nostri amici. - Il fotografo si avviò verso l’altra stanza, aspettò che Elias lo raggiungesse nel corridoio, si inumidì le labbra con la lingua e lo abbracciò spingendolo contro il muro. Dave, coricato nel letto, aveva assistito alla loro uscita con gli occhi socchiusi, con gli occhi imperlati di lacrime amare, lacrime di disperazione, lacrime d’amore. Questa era la fine, se lo sentiva, e credeva di essere anormale, e credeva di essere folle. Tutto questo non doveva accadere, lui non doveva conoscere Tristan, lui non doveva volergli bene, lui non doveva amarlo. E ora lui doveva convincersi che Elias non era Tristan, e tutto era così confuso. - Io mi faccio una doccia.- Continuò lasciando aperta la porta e togliendosi con grazia la maglietta e sfilandosi i pantaloni. Entrato nella doccia e aperta l’acqua, il getto caldo lo colpì e stimolò ulteriormente i sensi già particolarmente acuti. Elias apparve nel vapore bollente, era nudo, pallido come la neve, sembrava quasi delicato, quasi invisibile, quasi folle, quasi sfumato, quasi lacrimoso, quasi gatto, quasi triste, quasi tenero, quasi fantasma. Avvinghiati si lasciarono scivolare lungo la parete bagnata della doccia, lo spazio era angusto. Eric baciava, leccava e succhiava un punto preciso sotto l’orecchio del biondo, intanto lasciava scorrere i palmi delle mani sul suo petto, indugiando sulle turgidità dei capezzoli. Il cantante si faceva toccare, si faceva maneggiare come una fragile bambola di seta e fili d’oro. L’acqua li faceva rifulgere e brillare. L’acqua li avvolgeva e difendeva. L’acqua li stimolava e eccitava. Elias muovendosi sinuoso fece terminare il contatto con Eric, ma, iniziando dalla bocca, gli fece scorrere la piccola e umida lingua sul corpo. La morbidezza delle labbra, il mento dove pareva esserci il rilievo di una cicatrice, il collo vellutato, il pomo d’Adamo vibrante ad ogni sospiro, e sotto, l’incavo tra le constole superiori, i pettorali leggermente segnati, la depressione dello sterno e l’ombelico, poi la serie di peli che portavano dritti al basso ventre. Scendendo ancor più si avvicinò all’inguine, lecco lentamente il pene quasi eretto. Poi basta, risalì per appropiarsi di nuovo della bocca di Eric, mantenendo la mano nel suo bassoventre. Ogni sfioramento era un fremito, ogni tocco era un gemito. Gli occhi erano incatenati. Cioccolato con acqua. Terra con cielo. Castano con turchino. E l’acqua continuava a scorrere. - Ti prego, la lingua… fai con la lingua…- Gemètte Eric, contraendosi. Elias sorrise malandrino, non accontentò la richiesta del fotografo, ma quando si sentì pronto si fece scivolare il pene dentro. Non era preparato, si pentì di quell’azione ma non lo diede a vedere, si morse le labbra ma non distolse lo sguardo. Eric impiegò qualche secondo a capire le intenzioni del giovane. Non si mosse, era lui che penetrava ma Elias faceva tutto da solo, ruotando il busto, alzandosi leggermente e ricadendo. Era tutto così surreale. Un rifugio, lontano dalla baita e lontanissimo dalla civiltà, circondato da stelle e pini umidi di pioggia e rugiada.
Quando tornarono nella camera si erano asciugati e continuavano a stuzzicarsi teneramente. Appena appoggiatosi sul materasso il sonno sconfisse Eric. Il biondo lo osservava, lo sentiva ancora dentro, caldo, vibrante, gli accarezzava una guancia, era così bello, pensava Elias, con i lunghi capelli neri e le lunghe ciglia che allungavano delle strane ombre sulla fronte e sulle guancie. Il mento era segnato, la cicatrice che aveva percepito nella doccia ora ardeva alla luce aliena della luna, chissà come se l’era procurata, una rissa in un bar, un incidente. Un incidente, come quello di Tristan. No, Elias non doveva scostarsi la manica sinista, non doveva graffiare la sua cicatrice per farla tornare a sanguinare. Osservava le lucenti perle rosse sgorgare dal polso. Il dolore tornava, le carni bruciavano. Doveva stare attento a non macchiare il letto. Anche Dave, che fingendosi addormentato li scrutava, vide il sangue tornare a sporcare oscenamente la pelle candida di Elias. Si alzò di scatto e andò a recuperare la cravatta abbandonata in salotto. Quando tornò da Elias lo trascinò di peso in corridoio. - E togli quelle cazzo di unghie da quella ferita! Cosa vuoi, che si infetti?!- Ringhiò scagliando il biondo contro la parete. Lo spinse giù, fino al pavimento e gli si inginocchiò davanti.- Lo rifai un’altra volta e non avrai più bisogno di provare, sarò io ad ucciderti, stanne certo.- - Non sei obbligato a fregartene.- Disse tagliente Elias. Intanto Dave aveva leccato via il sangue che scorreva già, violento come un fiumein piena, dal polso del biondo, legò stretta stretta la cravatta, un po’ per medicarlo, un po’ per fargli male. Non sopportava quella situazione, le ferite interne non devono assolutamente diventare ferite esterne, cazzo, rischiava la vita. - Tuo fratello non lo desidererebbe… e quindi neanche io.- Mormorò il batterista strappando una parte della manica della sua camicia per pulire il sangue dalla guancia di Elias e quello dalle sue labbra. - Mio fratello è morto.- Commentò Elias leggermente addolcito. - Tuo fratello vive dentro noi, condiziona i nostri pensieri, le nostre azioni, l’ultimo album l’abbiamo completamente dedicato a lui, te ne accorgi vero? Tutto quello che canti, tutto quello che suoniamo, è dedicato e condizionato da Tristan. Credi, credimi come io credo in te, credi.- Dave sussurrava, triste e stanco, la voglia di baciare Elias era ritornata potente più di prima. Ma non aveva più voglia né forza di combatterla. Si avvicinò al suo viso, per fargli vedere le lacrime che sostavano sulle ciglia, con una mano lo accarezzava dolcemente su una guancia. Elias come svuotato di personalità andò a poggiare la lingua sulle labbra di Dave. Una parte di lui lo respingeva, stava tentando di instaurare un rapporto con Eric, non poteva, l’altra invece lo calamitava a quel bacio del cordoglio, ma non soltanto di quello, c’era qualcosa di nuovo, in quell’insinuare la lingua dentro le sue labbra, qualcosa che pareva inspiegabile ma non lo era. - Credo di provare qualcosa per Eric. Ma questo non è il periodo viola dell’amore, per me. E se mi facesse soffrire? E se… Mi sembra tutto costruito, come se fossimo dei patetici burattini, legati a dei fili invisibili, guidati da un burattinaio pazzo. E’ da quando entrammo nell’ufficio di Eric che, beh, è una strada a senso unico, quella di un rapporto tra me e lui. E se ci ribellassimo? Se insorgessimo contro questa dittatura dell’amore obbligato? Ti amo, David Jacòme Morales.- Disse a bassa voce il biondo staccandosi di poco dalle labbra di Dave. - Vai, vai da lui, ma io ci sarò sempre, qui, per te, ti aspetterò e ti consolerò… prima però un ultimo bacio dalle tue labbra di velluto. Ti amo anche io, Elias Ferenc Wild.-
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