| Ecco un capitolo. Capitolo 7 Giunsero al ristorante verso l’una del pomeriggio, dopo aver passato quasi un’ora in auto a chiacchierare di Università, fumetti e New York in confronto a Chicago e Newark.
Ma niente musica, come se l’argomento ferisse entrambi, ma soprattutto lui, che poteva benissimo essere offeso da una come Amy, fragile, ma non stupida. E da come si comportava doveva tenerci un bel po’, quel giorno in cui le capitò in casa fu come aver trovato un tesoro, come quando un fottuto barbone puzzolente trova un bel cagnolino. Una compagnia, un qualcuno che gli sta vicino proprio nei momenti in cui si sente solo. E così fu per Gerard proprio nei momenti in cui i suoi amici cercavano di star assieme alle proprie famiglie e compagne, e la sua tipa era in giro per il mondo a fare chissacché.
Entrarono nel ristorante, e Gerard si diresse verso un tavolo, nella veranda sul retro coperta da un portico in legno; come se tutto il posto fosse casa sua fece accomodare la ragazza, che si sedette composta sorridente.
“Grazie” gli disse un po’ timida.
Lui si sedette davanti a lei e le porse il menu.
“Che mangi?!” chiese lui come se stesse parlando con sua sorella, curioso di quel che avrebbe preso, diverso dal solito.
“Hmm…credo che prenderò…hmm, un’insalata mista…” disse tranquillamente, aveva ancora lo stomaco un po' sottosopra dalla nottata, e non le andava di mangiare pesante.
Una cameriera dai soffici capelli biondi abbastanza voluminosi a causa dei boccoli si avvicinò al loro tavolo. Poterono benissimo notare il rossore accendersi sulle sue gote magre, a chi non faceva effetto vedere quella star dopotutto?!
Ordinarono due piatti completamente diversi, Gerard optò per una bella porzione di carne e patate fritte, mentre lei una semplice insalata.
Sembravano uno carne e l’altra pesce insieme, uno vino rosso e l’altra vino bianco. Totalmente diversi ma così carini insieme, in certe occasioni sembravano fratello e sorella, oppure addirittura padre e figlia, lui così uomo e lei ancora un po’ bambina ma cresciutella.
In altre invece erano proprio in sintonia. Si conoscevano da un paio di giorni, ma lei già sapeva di desiderarlo, moltissimo. E forse non credeva di essere rifiutata totalmente dopotutto. Aveva solo bisogno di tempo, aveva bisogno di tanto fottutissimo tempo.
Non esitò a chiederle del suo passato, Gerard. Se lei l’avesse chiesto a lui forse sarebbe stato un po’ inutile, insensato, sapeva molto di lui, forse non tutto, ma perlomeno poteva dire di conoscerlo abbastanza bene.
“Come mai hai preso la decisione di tornare?!” parlava a voce bassa, provando a mantenere il rispetto per lei, non volendo violare troppo la sua privacy.
“Beh, credevo di poter ritrovare qui le mie amicizie, di poter farmi una vita, trovare un lavoro, farmi una famiglia…che sarebbe uno dei miei sogni più grandi…sai è difficile.. è come se dovessi ricominciare tutto da zero, come se non conoscessi più nessuno, come se non avessi mai fatto niente fino ad ora; mi ritrovo qui senza una casa, senza un lavoro, ridotta a stare ad uno stupido motel, e a lavorare in uno squallido posto solo per tirare avanti e mangiare almeno un frutto al giorno..” le servì come uno sfogo, lui era l’unico con cui aveva potuto parlare un po’, da quando era tornata e aveva trovato tutto quel cambiamento.
“Cavolo…non posso dire che ti capisco, sarebbe stupido, ma…so che posso darti una mano Amy..” Lei si sentì solo un peso in più, non voleva la sua commiserazione, lei era forte e voleva farcela da sola, lui poteva aiutarla coi soldi, ma come si metteva con l'aspetto morale?
“Gerard, no, non devi, io ti ringrazio già solo per il fatto di essermi stato vicino in questi giorni sebbene sia stata un po’ sgarbata nei tuoi confronti.. ma non voglio assolutamente intralciare il tuo destino..” disse abbassando lo sguardo.
Gerard stava per dire qualcosa di diretto e forte, ma la cameriera carina arrivò a portare i piatti.
Le sorrise ringraziandola e se ne andò via contenta, con le braccia dietro la schiena.
“Beh, buon appetito Gerard…” disse lei sollevando il bicchiere d’acqua e bevendo un sorso prima di iniziare a inforchettare la sua insalata mista.
“Buon appetito..Amy..” disse il suo nome con un tono di voce così malizioso, così caldo che a lei si raggelò un po’ il sangue. Mangiarono quasi in silenzio, fecero solo qualche misero commento riguardo il pranzo e il locale.
“Hey, ti va una sigaretta??!” le chiese lui, già porgendole il pacchetto aperto.
“Grazie, si..” lei ne prese una ed estrasse dalla sua borsa l’accendino che le aveva regalato la sua amica Marit, e si accese la sigaretta con lo sguardo basso.
Lui fece lo stesso e si alzò in piedi. Lei lo fissò un po’ spaventata, ma lui subito si risedette, solo che si sedette accanto a lei, così che potesse parlarle diritto negli occhi.
“Dicevi prima che non volevi intralciare il mio destino??!” eccolo che tornava diretto; lei stava cominciando a sudare, sentiva di essere impalata sulla sedia, come se improvvisamente una colla potentissima le avesse bloccato tutto il corpo, lingua compresa.
“Beh, sai che ti dico Amy?! Tu non mi hai affatto intralciato il destino, anzi, forse era proprio destino che noi due ci incontrassimo e cominciassimo a legare. Non credo mai a tante stronzate Amy, ma appena ti ho vista la memoria si è messa in moto, e forse…beh, non credo che tu mi sia del tutto indifferente..” fu molto diretto e lei si sentì ancor di più in soggezione, sembrava un abitante equatoriale al polo nord.
“Che….che vuoi dire?!” riuscì a balbettare.
“Beh, credo poco nel destino ragazza, ma se questa volta ti ha mandato lui da me, vuol dire che non devo farti scappare…non dobbiamo perderci di nuovo..” disse, anche se Amy riusciva a capire solo una minima parte di tutto quel discorso.
“Gerard, io…che razza di casino..non so che dire, ma..tua moglie?!” a quelle parole una smorfia sembrò disegnarsi sul suo viso così bello e solare. “Lei, puah, lasciamola perdere, non centra con noi due…” sputò fuori mentre aspirava dalla sigaretta.
Quelle parole, quel “noi due” per Amy potevano significare tutto e niente. Era un po’ spaventata, non voleva finire per nessun motivo al mondo nei casini per colpa sua, anche se era del tutto padrone di far quel che voleva, ma se doveva nascere qualcosa di forte tra loro preferiva che fosse dopo che la questione con Lyn-z si era sistemata.
La solita cameriera perfettina tornò a portare via i piatti e a chiedere se desideravano il dessert o il caffè. Amy stava per aprire bocca, ma Gerard la precedette. “No grazie, apposto così. Il conto per favore..” e tornò ad aspirare dalla sua sigaretta, facendo poi cadere la cenere sul posacenere accanto all'oliera.
“Scusa, ma avrei gradito un caffè..” confessò Amy spegnendo la sigaretta e premendola finché cessò di fumacchiare. Le sembrò davvero un gesto sgarbato quello, nei suoi confronti; solo perché aveva detto qualcosa che a lui non andava a genio non le sembrava il modo adatto per “vendicarsi”, il comportarsi male.
“Facciamo due passi, andiamo a prenderlo da Starbucks il caffè…” disse lui, lanciando la sigaretta con un gioco di dita fuori per la veranda che dava in una stradina secondaria deserta.
Si alzò non appena vide la cameriera arrivare con il libretto in pelle contenente il conto. Diede uno sguardo veloce ed estrasse due banconote da venti dollari.
“Tieni per te il resto, grazie sei stata molto gentile..” le sorrise e si voltò verso Amy, che con un unico suo sguardo capì che si doveva alzare e muoversi a seguirlo. Amy si sentì un po' in imbarazzo, lei avrebbe aspettato il resto, ma dopotutto, non era ricca come lui.
Dove l’avrebbe portata?? Avrebbe cambiato umore per solo due parole? Cominciava a dubitare che fosse quello che aveva sempre visto nei dvd e in filmati vari in tv o al pc. Tuttavia senza fiatare lo seguì, e continuava a ripetersi solamente “non fare passi falsi da sola…il resto è relativo..”
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