| Capitolo 8 Camminava spedito e con un espressione dura in viso. Lei non sapeva più cosa dire, né come doveva agire. Non seppe neppure lei come aveva trovato il coraggio di parlargli.
“Dove stiamo andando Gerard?!” sembrava una bambina impaziente di sapere dai genitori dove sono diretti; tuttavia lui acido rispose “Da Starbucks, te l’ho già detto..”
Tutto ciò che le venne istintivo pensare fu “Ma te guarda che razza di stronzo..>.>” Poi però tornò a farsi coraggio, “Cazzo Gerard, te la sei presa per quello che ti ho detto prima?? Beh, non pensavo fossi così…sei un uomo, non dovresti essere permaloso per queste cose come un bambino di 5 anni!!” cercò solo di non alzare il tono di voce, o sarebbe stato peggio forse.
“No..” le chiuse aspramente il becco. Si accese un’altra sigaretta, infilandosi gli occhiali da sole e svoltando per una stradina che a vista sembrava quasi un vicolo cieco.
Le mura alte dei palazzi sovrastavano quel viottolo troppo prepotenti, troppo arroganti, sopra quei ciottoli rossastri.
Sembrava un quartiere povero, anche se diverse antenne paraboliche comparivano dai terrazzi qua e là, come orecchie troppo curiose di sentire anche gli spifferi.
Amy si strinse un po’ le braccia, sembrava che tutto si stesse incupendo intorno a loro, come se un alone di oscuro volesse rapirli e far loro del male.
Lui era qualche passo più avanti di lei, e sembrava non voler rallentare, benché dicesse di tenere a lei, anche se ad un certo punto lei rabbrividì, e fu come se il ragazzo lo avesse percepito; si voltò e aspettò che lei lo raggiungesse.
“Hai freddo?!” le chiese con una voce calda e rassicurante. “Un po’, fa freddo in questo vicolo…ma sei sicuro che sbuca da qualche parte?!”. Lui annuì, certo che ne era sicuro, in uno di quei palazzi una volta ci abitava suo cugino, figurarsi se non sapeva dove sbucava.
Le passò un braccio attorno alle spalle, stringendola un po’ a sé, da vero cavaliere.
“Scusa, è che stavo pensando…” le confessò, come se pensare fosse una debolezza, un difetto che non riusciva a nascondere e ad eliminare. “Figurati…” lo rispettò lei. “C’è qualcosa che non va o non lo posso sapere?!” provò ad essere indiscreta, ma senza farlo notare, era curiosa di capire a che stava pensando il suo vecchio idolo.
“Beh, pensavo e basta…” cercò di essere vago, anche se poi forse ci ripensò e sputò il rospo senza che nessuno glielo cavasse di gola. “Amy, ecco…io non sono sicuro di amare Lyn-z, mi sa che non l’ho mai amata veramente, ero solo preso dall’avere una relazione con qualcuno, ma non credo sia la tipa giusta per me…insomma…l’hai vista? È tutto il contrario di quello che sono io..e poi, lei è uno spirito libero, lei è una pazzoide, è una a cui piace sempre divertirsi. Io la apprezzo, amo il suo stile di vita...ma io ho bisogno di molti momenti di tranquillità, e poi, da una persona che amo vorrei un po’ di più complicità, dolcezza, lei non vuole farsi vedere in giro con me, solo per essere preziosetta, mentre credo che chi ci segue anche aldilà della musica dovrebbe sapere qual è il mio animo, il mio umore…e me lo sta nascondendo lei…credo…ecco…te l’ho detto..” si fermò davanti a un portone scuro e incatenato prima che la stradina voltasse a sinistra, dove sarebbe continuata. Si sedette sullo scalino e dopo aver buttato la sigaretta dalla parte opposta della strada raccolse con le braccia le ginocchia al petto, appoggiandoci sopra il mento.
“Si, è vero, sono un po’ stanco, stufo, mi sento preso in giro, sono 5 giorni che non la sento, e comunque doveva tornare per la festa che abbiamo fatto la sera prima che tu arrivassi..e non è arrivata…avrebbe avuto giusto 3 giorni di tempo per riprendersi prima dell’altro concerto..non è giusto cazzo…ma perché queste disavventure capitano tutte a me?!” sembrava triste davvero, o forse cercava di incolparsi? Sembrava non stesse dando un senso alla sua vita.
Amy si mise le mani in tasca e si sedette accanto a lui, sfiorandogli prima un braccio con la punta delle dita.
“Sai, non si ottiene mai quello che si vuole dalla vita. È strano, perché alla fine noi diamo tutti noi stessi, e ci capitano solo sventure, ma bisogna essere forti, lo so che dirai che sto facendo un discorso inutile e che queste cose le sai già, solo che spesso bisogna che qualcuno te le ripeta affinché tu possa ricordarle; Gerard, ci sono dei pilastri attorno a te, il tetto di una casa è fisso e sicuro su quattro o più mura, che non cadranno mai, se tu ci credi assieme a loro, e non ti lasceranno mai cadere, forse ogni tanto cederà la parte in mezzo, ma prontamente verrà ricostruita da altri aiuti, e il tetto non cadrà mai tutto. Una volta rinnovato ci vorranno degli anni, lunghi anni prima che cada di nuovo..”
Si voltò a guardarla negli occhi, così profondi, così sinceri i suoi, quelli di Amy, chiari e così dolci, e teneri. Gerard allungò le gambe e appoggiata una mano su quella di Amy le fece con l’altra una carezza in viso, percependo la sua pelle morbida e perfettamente liscia.
“Sai Amy, hai fottutamente ragione…ma, sembrerò un po’ uno di quegli emo a volte..” e risero insieme per un attimo. “…ma, mi sento come se una delle quattro mura di cui tu parli sia fatta di legno e ad ogni pioggia diventa marcia e cade e quindi il tetto può cadere più facilmente…”
Ok, forse non doveva tirare in ballo quell’esempio, la ragazza, ma ormai c’era dentro, e doveva cercare di fare da supporto morale a colui che aveva sempre fatto da supporto morale agli altri, durante i suoi concerti in giro per il mondo.
“E chi sarebbe questo muro di legno marcio?!” osò chiedere lei, forse pur sapendo la risposta quale poteva essere. “Beh, è ovvio credo, Lyn-z, che domande..” tornò ad abbassare la testa.
“Gerard, non devi abbatterti così, ora dici questo solo perché in verità secondo me sei preoccupato per lei perché è in giro per il mondo e non riesci a sentirla, quindi vedi che in fondo magari un po’ d’amore c’è?!” provò a dirgli lei, pur con una vena d'amarezza, pensando a sé stessa.
“Io ci tengo a lei, l’ho sempre ammesso, è una mia grande amica ancora da quando stavo con Eliza, e forse da quando mi sono lasciato con lei, il nostro rapporto si è ingrandito, ma non so se era necessario sposarsi così in fretta, ok grandi amici…ma io non conoscevo ancora molte sue peculiarità, e sono quelle piccole cose che ora in realtà sembrano così grandi e importanti tanto da compromettere il nostro rapporto..”
“Però la ami…” insisteva Amy. “No, Amy, mi spiace contraddirti, ora che mi sto sforzando di parlare con te mi sto anche chiarendo le idee, e no, non la amo, le voglio solo un gran bene dell’anima, come se fosse la mia migliore amica o più, ma..non la amo tanto da essere mia moglie..” confessò, con il viso sempre più incupito.
“Gerard, e te ne stai accorgendo solo adesso?!” la sua prof di filosofia le aveva trasmesso quel passaggio importante: ragionare, ragionare, ragionare! E lei lo stava applicando anche su Gerard, e senza prendere in considerazione solo uno o due punti di vista, ma molti.
“Si, Amy, ma a me hanno insegnato che non è mai troppo tardi, e io ci sto provando, sto provando a ripartire di nuovo, a mettere la benzina giusta per partire a cento, e rimanere a cento, non partire a centoventi e arrivare a 50…” quante cazzo di metafore, solo per spiegare un rapporto?
“Gerard, hai pienamente ragione, ma prima di fare l’ennesimo passo falso, prenditi ancora un po’ di tempo, aspettala e parlane con lei, dopodiché, vedrai…dovrete decidere insieme che fare della vostra vita…” era tutto quello che si sentiva e poteva dirgli lei.
“Già, ero troppo, troppo gasato di quel che sarebbe successo…e ora non ho concluso un cazzo lo stesso…” rimasero in silenzio per qualche istante; Amy lo guardava come se aspettasse che fosse lui a dire l’ultima parola, a dare la soluzione a quel quesito.
“Scusa…” disse solo. “Scusami, non dovevo forse, metterti in mezzo a questo casino, tu non ne puoi niente in fin dei conti..”
Ma lei schietta e pronta non esitò a dire “Non devi scusarti, non prendo parte io alle tue decisioni, mi sono solo permessa di farti ragionare, sfogare e decidere un attimo, nulla di più. Ora sta tutto a te, spetta tutto a te..io non posso farci niente…”
Gerard le prese la mano, dolcemente e la strinse forte, portandola al suo petto. “Lo senti? Questo cuore batte, è sensibile, e spera tanto di innamorarsi della persona più adatta..che lo comprenda, che lo sostenga, che faccia da unica colonna portante anche..purché sia quella buona, quella che non cade mai..” fece un lungo sospiro, come se si sentisse un fottuto condannato a non trovare mai la persona che ha la vera chiave per il suo cuore, ma a limitarsi a trovare chi ha delle copie fasulle che dopo un po’ si spezzano, lasciando continuamente residui dentro di lui.
“Vedrai che ci riuscirai…” disse piano piano lei, non volendo rompere quel momento di serenità. Si sarebbe aspettata un bel bacio lì, partendo da lui. Ma evidentemente il suo dolore era troppo in quel momento, e lei non voleva comunque che si sentisse soppresso.
Così fu lei a dargli un leggero bacetto sulla guancia, senza nessun messaggio nascosto; solo un baretto d’incoraggiamento.
“Andiamo a berlo questo caffè o devo sognarlo? Devo essere a lavoro presto questa sera, e ho tutta la notte davanti…” sorrise a malapena, anche se si sentiva spaventata per quello che lui le aveva detto un paio d’ore prima.
E così si alzarono in piedi, lui la abbracciò ringraziandola con un sussurro all’orecchio, e pian piano si avviarono di nuovo, raggiungendo la fine di quella via, che finiva proprio sul parco al centro.
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