| Capitolo 8 – Nuovo
Il viaggio sembrò meno lungo del previsto, con Bob che chiacchierava su tutto ciò che gli passava per la testa e Frank che lo seguiva a ruota. Parlavano di musica, ed era saltato fuori che Bob suonava la batteria nel tempo libero, sebbene lavorasse come tecnico del suono. Almeno, fino a quel momento. Sembrava non importargli nulla del lavoro perso, dei soldi mancati. E i suoi genitori? non dicevano niente? gerard non poteva viaggiare con uno sprovveduto del genere, ma Bob disse ripetutamente che a casa non si preoccupavano, e comunque li aveva avvertiti giustificando quell’imminente partenza come un viaggio-studio. Quanto al lavoro, diceva nella maniera più tranquilla e naturale possibile, che l’avrebbe trovato immediatamente, non appena questa storia sarebbe finita. -A proposito di soldi, noi come stiamo messi?- chiese Ray. Gerard frugò nelle tasche, prese il portafogli, tirò fuori tutti gli spiccioli che aveva –Io ho 26 dollari e 55 centesimi- -Io 20 dollari e 35- disse Frank -Io 24 e 12- Guardarono tutti Bob, che fece un sorriso smagliante e mostrò la sua monetina –Una quarto di dollaro!- Avevano fatto davvero bene, a portarselo in giro? Tuttavia, era l’unico a conoscere New York come le sue tasche. Sperarono solo di non ritrovarsi a dover scappare da qualche negozietto derubato dal biondino in assenza di soldi. Notarono poi che il treno andava a una velocità minore, sbuffava più del solito e fischiava. Forse erano arrivati? A dare la conferma fu Bob –Bene, gentili passeggeri, benvenuti a New York. Restate seduti ai vostri posti e non scendete finchè il treno non sarà del tutto fermo. Ricordiamo che è assolutamente vietato fumare, bere, dormire, leggere riviste porno, provarci con le belle signorine a bordo, e andare in bagno di nascosto per sfuggire al controllo del biglietto- -Cavoli!- disse Frank –Già da qui sembra tutto un altro pianeta!- -Siamo arrivati, finalmente- -Già… Siamo finalmente a New York- Uscirono più in fretta che poterono dalla stazione, ritrovandosi spaesati, eccetto Bob, di fronte a quei grattacieli immensi. Alti , altissimi. E loro che prendevano in giro Frank per la bassa statura… In mezzo a quella caotica città si sentirono delle nullità, senza possibilità di cavarsela da soli. Se loro si sentivano così, figuriamoci Mikey. -Ray, sembri impressionato anche tu. Non avevi detto di esserci già stato?- -Sì, ma quella volta ero tutto impegnato a pensare ai Maiden, che a fare il turista- -Bene, gentili signori- disse Bob imitando una voce femminile –Benvenuti a New York, la Grande Mela, il fulcro dell’America, l’insieme delle culture eccetera eccetera. Alla vostra destra potrete trovare dei tipici cittadini newyorkesi camminare per le strade- -Ooooooh…- esclamò Frank -Non è il momento di fare i turisti, abbiamo già perso fin troppo tempo. Andiamo- Fermarono chiunque, anche stranieri, descrivendo in modo dettagliatissimo Mikey. Ma nessuno sembrava averlo visto. Stavano per perdere le speranze, mentre si riposavano davanti alla statua della libertà. Normalmente l’avrebbero ammirata e scattato qualche foto, ma non era proprio l’umore giusto quello. -Almeno possiamo dirgli che non gli è successo niente, ancora. Anche se questa è una grande città, se per caso ci fosse un incidente o cosa ne sarebbero tutti informati- disse Ray -Non voglio nemmeno pensarci- Gerard prese un binocolo, tra i tanti che venivano usati per vedere meglio la statua, e ci giocherellò un po’. -Certo che quella statua è enorme anche vista da questa distanza- disse Frank –Fa un certo effetto vedere una cosa simile e poi il mare…- -E’ davvero enorme- spiegò Bob –Senza il piedistallo è alta 46m, da terra fino alla fiaccola 93. E’ stata costruita dai francesi Bartholdi e Eiffel, come ideale di benvenuto a chiunque sarebbe venuto a New York. Rappresenta una donna con una corona e vestita come gli antichi romani con in alto la fiaccola della libertà, mentre nell’altra mano ha il libro con segnata la data del 4 luglio 1776, quando abbiamo ottenuto l’indipendenza. Le sette punte della corona rappresentano i continenti e i mari. Ai piedi vi sono delle catene spezzate che simboleggiano la liberazione- -Come diavolo fai a sapere tutte queste cose?- -Le ho studiate a scuola. Voi no?- -Ehm…- erano proprio di un altro livello, loro. Gerard, senza un interesse particolare, cominciò a fare innocue domande da turista –Quindi è possibile vederla da vicino?- si mise il binocolo –E’ su un’isola…- -Certo che si può. l’isola, insieme alla statua, è considerata monumento nazionale- -Vedo del movimento verso la statua…- -Dentro c’è un ascensore che porta fino alle corone, dove ci sono delle finestre da cui è possibile vedere New York- -Significa che è possibile… Entrare nella statua?- -Certo. Però non ho idea se si paghi e quanto- -Cavolo… E’ bestiale…- Gerard ebbe un’idea –Vi va di farvi un giro nella statua?- -Come?- -Aspetta, ho capito…- disse Ray –Mikey potrebbe essere lì- -E se siamo fortunati lo becchiamo. Andiamo- disse Gerard, ritrovando la speranza. Purtroppo, per salire su quella statua, ci volevano soldi, e Bob non ne aveva. -Non c’è problema, ragazzi. Andate voi, io aspetto qui- -Scherzi, vero? Dobbiamo stare uniti qui- -Dobbiamo trovarci i soldi, ma come?- -Ah, questo non è un problema. Avete degli strumenti a portata di mano?- -No- -Sapete ballare?- -No- -Cantare?- -Gerard sa cantare!- disse Frank come se avesse avuto un colpo di genio –E anche piuttosto bene- Gerard arrossì –No, non credo che…- -E invece sì sì sì sì…- gli fece il solletico sul collo –Ti fai insegnare da tua nonna! Non negare l’evidenza, io ti ho sentito- -Non so se c’è da fidarsi molto dei tuoi gusti- disse Ray -Però è pur sempre qualcosa. Venite con me- disse Bob camminarono per un bel po’, si sentivano i piedi quasi stanchi e non avevano la minima idea di dove li stesse portando Bob. Quando finalmente entrarono in un negozio di musica. -Bob! Che sorpresa vederti qui senza il signor Thomas! Cosa posso fare per te?- -Come andiamo, Jackie?- disse Bob salutando calorosamente la ragazza tutta tatuata, proprietaria del negozio –Ho bisogno di un grandissimo favore. Mi servono degli strumenti- -Certo, dimmi pure. Immagino una batteria- -No, troppo ingombrante. Un tamburello è più che sufficiente. E due chitarre classiche, mi servono giusto per una mezz’oretta, te li riporto subito. Ti pago il noleggio- -Uh, d’accordo. Ti farò un notevole sconto. Aspetta qui un secondo- Mentre aspettavano l’arrivo degli strumenti, Ray e Frank tartassarono di domande Bob, il quale rispondeva sempre “Aspettate e vedrete”. Gerard era invece impegnato ad ascoltare la radio, la musica di quel negozio. Un brano di David Bowie. E, se prima teneva leggermente il ritmo, dopo non si controllò e cominciò a canticchiare, seppure a voce non troppo alta -He looked a lot like Che Guevara… Drove a diesel van… Kept his gun in quiet seclusion… Such a humble man… The only survivor… Of the national people's gang…- Non immaginava che qualcun altro lo stava ascoltando –A quanto pare Frank ha gusto- disse Bob facendo un sorriso sghembo. -Bene, ora che siamo fuori…- disse Frank con una chitarra classica in mano –Ci spieghi che dobbiamo fare con questi strumenti a noleggio e in mezzo a una strada?- -E’ moooooolto semplice, Frank. Noi suoniamo, Gerard canta, la gente ci butta i soldi e poi andiamo alla statua- Lo guardarono tutti sbalorditi. Che razza di piano. Assurdo. -Ci potrebbero volere ore prima che troviamo i soldi necessari. Senza contare che dobbiamo pagare anche il noleggio di questi- -Con Jackie me la risolvo io. Voi suonate e basta- -No, non credo di poterlo fare…- -E invece sì, Gerard! non devi aver paura! Anzi, cogli l’occasione per fare il tuo debutto in grande stile in una città come New York!- -No, no. Stonerò. Oh, se stonerò! Rovinerei tutto e la gente non ci darebbe nemmeno un centesimo- -Non ti preoccupare. Pensa che la gente al posto della testa abbia… Abbia… La faccia della statua della libertà. Ok?- -Cosa?- -Dai, tutti ai vostri posti!- La statua della libertà sulle teste dei passanti? Gli sarebbe venuto da ridere e avrebbe peggiorato la situazione. Però ormai c’era, non poteva mollare tutto. Si sentì la responsabilità di tutti e tre sulle spalle. E Mikey. Doveva farlo per Mikey. Lui gli chiedeva sempre di cantargli qualcosa. Qualcosa di Bowie, per esempio. Gerard chiuse gli occhi. Non ce l’avrebbe fatta a reggere gli sguardi della gente. Malgrado tutto, erano stati abbastanza bravi. La gente buttava soldi, molta più gente di quanto non si aspettavano. -Mamma, è cieco quello che canta?- -No, tesoro, non lo vedi che ha solo gli occhi chiusi?- -Vai, Gerard, stai andando alla grande. Ci mancherebbe un balletto- -Gerard un balletto? Questa sì che è bella!- -Però, sai suonare, Iero…- -Direi che ora puoi anche chiamarmi Frank, amigo- C’era sintonia tra loro, contrariamente a quel che si pensava. In particolare, c’era una ragazzina che si era fermata ad ascoltarli. E anche compiaciuta. Gli lasciò ben 20 dollari. Bè, era ancora una ragazzina, non aveva molto senso del denaro. Ma ai ragazzi faceva comodo. -Siete stati davvero bravi!- -Eh?- Gerard aprì gli occhi, connettendo di nuovo con la realtà –Dici a noi?- -No, al palo…- -Ehm… Grazie…- -Come si chiama la vostra band? È uno spreco suonare per strada, e senza nemmeno un basso- -Non siamo una band- -Davvero? Che peccato…- poi osservò attentamente Gerard –Tu mi ricordi qualcuno…- -Ragazzina, non ho molto tempo da perdere…- -Eppure mi ricordi qualcuno che ho incrociato per strada. Mi era venuto addosso, doveva aver inciampato da qualche parte. portava gli occhiali…- Occhiali? -Sei sicura? Quando l’hai visto?- -Uhm… Mezz’ora fa… Poi mi ha chiesto come arrivare alla statua della libertà, ma io non sono di queste parti…- Gerard sorrise in maniera esagerata –Grazie! Grazie, ragazzina!- prese zaino e soldi velocissimo –Andiamo, ragazzi! Mikey ci aspetta!-
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